Il testo della lettera del consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci alla ministra della Giustizia Marta Cartabia sul caso Petrilli:

Illustre Ministra,

ci sono vicende che non hanno tempo e che meritano sempre la più profonda attenzione, anche a distanza di anni, e anche in momenti in cui – come adesso – rivolgersi al Governo potrebbe sembrare inopportuno o pretenzioso.

Ma la storia di Giulio Petrilli, della sua ingiusta detenzione e del sacrosanto diritto ad un risarcimento per il danno enorme subìto da innocente, meritano il doveroso impegno, mio e di tutti coloro che possono fare qualcosa.

Per rispetto di Giulio e per la consapevolezza di tutti, riepilogo brevemente la vicenda.

Nel 1980 Giulio Petrilli (allora ventenne) viene accusato dai magistrati di essere uno dei capi di Prima Linea, organizzazione terroristica di estrema sinistra. Con la pesantissima accusa di “banda armata” Giulio viene arrestato. L’imputazione gli costa sei anni di carcere, in un regime simile al 41 bis. Qualche tempo dopo, la tesi dell’accusa viene smontata. Nel 1986 la Corte d’Appello di Milano lo assolve e, tre anni dopo, anche la Cassazione conferma la sua innocenza.

Petrilli deve attendere molto tempo prima di poter chiedere i danni per ingiusta detenzione (poiché la norma non era considerata retroattiva) e infine la sua istanza di risarcimento viene rigettata dalla Corte d’Appello di Milano (giudizio confermato dalla Cassazione) perché le “cattive compagnie” che frequentava ai tempi avrebbero indotto l’accusa a ritenere che fosse giusto tenerlo in carcere. Insomma: quei semplici rapporti consentivano ai magistrati di pensare – pur senza prove – che anche Petrilli fosse colpevole.