Manca poco più di un mese al Natale e tutte le valutazioni sulle misure restrittive introdotte per contenere la diffusione del contagio di questo maledetto virus ruotano, inevitabilmente, attorno alle aspettative sociali ed economiche ad esso collegate. Nello stesso momento in cui, però, le saracinesche di molte attività sono abbassate per decreto, Amazon lancia in TV uno spot che incoraggia ad anticipare i regali di Natale. Una fotografia, quest’ultima, che spiega bene il doppio effetto generato dalla pandemia da covid-19 sull’economia, con Jeff Bezos, proprietario di Amazon che in soli 6 mesi, da marzo a settembre, ha incrementato di ben 74 miliardi di dollari il suo patrimonio personale portandolo all’astronomica cifra di 210 miliardi (pari al PIL della Grecia) a fronte di novantamila imprese italiane tra hotel, bed and breakfast, negozi, bar e ristoranti chiuse per fallimento, secondo una rilevazione fatta a settembre da Confesercenti. Effetti di un processo in realtà già in atto da tempo e solo amplificati dall’emergenza coronavirus che, è bene dircelo con franchezza, durerà ancora molto, probabilmente troppo rispetto alla capacità del tessuto produttivo di resistere in queste condizioni, nonostante i ristori previsti dal Governo.

Rassegnarsi dunque ad un ineluttabile destino o provare a cambiarne l’esito, questa è la scelta che abbiamo davanti. Se vogliamo salvare la nostra identità culturale che si compone anche della tradizione commerciale degli esercenti aquilani bisogna allora fare qualcosa e farla subito. Obbligato in tal senso è il ricorso alle nuove tecnologie che ci consentono di pensare fin d’ora ad applicazioni che, al pari dei grandi big dell’e-commerce, permettano un contatto diretto e consegne giornaliere tra esercenti e consumatori, anche in periodi di restrizioni agli spostamenti come quello attuale, ma che in un mercato sempre più globale e digitale saranno utili anche “in tempo di pace”. È una pratica del resto che si è affermata già da qualche anno in ambito food-restaurant e che oggi torna utilissima.

Occorre mettere i cittadini nelle condizioni di poter ordinare nel proprio negozio di fiducia e ricevere la merce tempestivamente, ma ancora più importante è la costruzione di un rapporto fiduciario, umano e non asettico tra esercenti e consumatori, che definisca un senso di comunità, che porti a pagare una scarpa anche 10 euro in più avendo la consapevolezza di contribuire, in questo modo, alla permanenza di offerte dei servizi nella propria città e al benessere di tutte le categorie di lavoratori in un dato territorio. Bisogna incentivare la costruzione di un consorzio dei commercianti aquilani che operi in maniera comune, ottimizzando e riducendo i costi (che potrebbero trovare capienza su appositi progetti speciali) per prenotazioni, sistemi informatici, corrieri e riders. In parte questo già accade oggi e molti si affidano a piattaforme di prenotazione e consegna esistenti, multinazionali che hanno dimostrato molto interesse al profitto e poco alla qualità dei contratti dei lavoratori e dei fornitori dei prodotti. Cosa impedisce allora di creare qualcosa che valga nel piccolo di una comunità come quella aquilana e sia magari da esempio per altre piccole città – territorio? Un esempio di questa resistenza ai magazzini centralizzati arriva dalla comunità di bookshop.org, che ha raccolto negli Stati Uniti, sotto un unico sito di e-commerce più di 900 librerie indipendenti, distribuendo loro 7,5 milioni di dollari, e che ha avuto un’emulazione in Italia partita durante il primo lockdown. Già nell’immediato si potrebbe pensare, proprio in un’ottica di alternativa ad Amazon, all’ideazione di buoni regalo da spendere, in vista delle festività natalizie, presso gli esercizi commerciali cittadini.

Occorre in ultima analisi mettere gli aquilani nella condizione di poter esprimere concretamente, nonostante le limitazioni imposte dal momento, il sentimento di solidarietà a cui va fatto appello. La risposta, sono sicuro, ci stupirà. 

Il capogruppo del PD in Consiglio comunale
Stefano Palumbo