C’è una questione che va posta al centro del dibattito che da giorni si è riacceso sulla realizzazione di nuovi centri commerciali nella nostra città. Ad essere messa sotto accusa non può essere la libera iniziativa privata, costituzionalmente tutelata all’art.41, ma la totale incapacità dell’amministrazione comunale di indirizzarla, attraverso gli strumenti di pianificazione, verso il perseguimento del benessere e dell’interesse comune. Una questione che torna centrale ancor più alla luce degli effetti sul tessuto produttivo causati, anche all’Aquila, dall’emergenza Covid e della necessità di rilanciare l’economia cittadina su direttrici chiare e di lungo respiro. Di fronte a questa sfida, è ormai evidente a tutti, la giunta Biondi si sta dimostrando completamente inadeguata, inerte e senza una visione sul futuro della città.

È esattamente nell’ambito di questo immobilismo amministrativo che vanno osservate e valutate le scelte fatte da alcuni imprenditori.

Innanzitutto, il problema è molto più grande di quello che il dibattito pubblico ha concentrato, inspiegabilmente, sul solo intervento previsto a Centi Colella. In realtà sono molte di più le proposte per la realizzazione di attività commerciali di media distribuzione, in variante al PRG vigente, che la giunta Biondi sta portando disorganicamente avanti. A Pettino, ad esempio, attorno al già esistente “centro commerciale Amiternum”, sono previsti altri tre interventi (di cui uno domani sarà sottoposto all’attenzione del consiglio comunale) che, se approvati, andrebbero ad occupare nel loro insieme circa 50.000 mq di superficie territoriale distribuiti lungo un 1 chilometro lineare di attività commerciali sul lato nord della SS80. L’amministrazione attiva, che asseconda sistematicamente queste proposte, dispone forse di dati che indicano significativi incrementi della popolazione in quell’area della città, o prevede un’irrealistica impennata dei consumi? Ritiene che le infrastrutture viarie esistenti in quella zona siano adeguate a supportare un ulteriore carico urbanistico, e dunque di traffico, così pesante? Sono domande evidentemente retoriche che, in assenza di una nuova pianificazione generale, di una indispensabile revisione del piano del commercio e della mobilità, e di una completa paralisi rispetto alla realizzazione di infrastrutture già programmate e finanziate, non trovano purtroppo risposta, dando forza così ai diritti avanzati dagli imprenditori.

C’è poi un paradigma che, a nostro avviso, andrebbe ribaltato, quello che associa la stentata ripresa del centro storico con la realizzazione di nuovi insediamenti commerciali periferici. Poniamo ancora una volta una domanda retorica. Quante attività commerciali sono nate o hanno ripreso dopo il 2009 lungo Viale Duca degli Abruzzi? Quasi nessuna. Sappiamo bene però che la causa non è certo imputabile all’apertura di nuovi centri commerciali periferici ma al fatto che il Ponte Belvedere è chiuso ormai da oltre 11 anni. Attività commerciali e direzionali che invece sorgerebbero proprio sul ponte qualora si desse seguito alla proposta di project financing presentato da un’impresa locale, proprio sul rifacimento dello stesso. Ancora una volta il problema non è l’azione dei privati ma l’inerzia del pubblico.Se tante attività hanno riaperto i battenti lungo i vicoli del centro storico è grazie alle politiche introdotte dalla precedente amministrazione che, con il bando “fare centro” o attraverso le tante iniziative culturali inserite nel programma Restart, ha investito sulla ripresa economica del centro storico decine di milioni di euro. Se tante altre imprese non hanno ancora deciso di farlo è a causa dell’inerzia dell’amministrazione rispetto alla realizzazione di tutti i servizi necessari ad una piena ripresa. Non è l’apertura di un nuovo insediamento commerciale a Pile, a Pettino o a Centi Colella che frena la ripresa del centro storico ma l’incuria in cui versa, il perenne cantiere dei sottoservizi, la mancata realizzazione di un solo parcheggio o di una sola scuola, la mancata decisione sulla destinazione d’uso delle migliaia di metri quadri di uffici pubblici presenti in città.

La pianificazione territoriale è lo strumento più importante, quello attraverso cui un’amministrazione regola l’utilizzo del proprio territorio ed organizza lo sviluppo delle attività. L’urbanistica a sportello, quella che si limita alla valutazione acritica delle proposte formulate dai privati, ha già in passato lasciato segni indelebili; la ex Sercom è li a ricordarci cosa succede quando la politica abdica al suo ruolo. Domani in aula ci batteremo affinché ciò non si ripeta.

 

Il capogruppo del PD in Consiglio comunale
Stefano Palumbo

Il consigliere comunale del PD
Stefano Albano