“Sta diventando un’emergenza dentro l’emergenza la situazione nelle RSA abruzzesi, un fronte su cui la Regione sta facendo poco o niente, malgrado nelle strutture contino un gran numero di contagiati e ci siano state anche delle vittime”, sottolinea il consigliere regionale Antonio Blasioli. 

“Ho più volte scritto ai vertici di Regione e Protezione Civile per capire quale fosse l’intervento praticato dopo i fatti di cronaca registrati nelle varie strutture abruzzesi, chiedendo anche di sapere come avrebbero agito per tutelare operatori sanitari e trattare quanti erano venuti in contatto con gli ospiti delle strutture risultati positivi – rimarca Blasioli – A parte una sanificazione della casa di riposo pescarese e la fornitura di DPI, nulla però ci è stato riferito sull’azione che la Regione avrebbe dovuto attivare su tutte le strutture presenti sul territorio regionale, sia pubbliche che private, per metterle in sicurezza. Era stato annunciato un intervento a tappeto, che ad oggi non sappiamo se c’è stato e, qualora sia stato effettuato, forse non è andato abbastanza a fondo alla gravità della situazione, se i risultati sono quelli che vediamo sulla stampa : vittime e contagio diffuso su un numero crescente di realtà territoriali.

Si tratta di conseguenze del fatto che forse la Regione si è mossa solo sulla carta e con esasperante lentezza, recependo pari pari le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità con circa 10 giorni di ritardo, quando i casi si erano già rivelati in tutta la loro virulenza e, per di più, semplicemente copiando quello che ha scritto l’ISS nelle due ordinanze emesse. E basta. Infatti anche se l’ordinanza regionale n. 32 prescrive test molecolari per gli operatori, non crea corsie preferenziali nel settore pubblico dove le rilevazioni sono più economiche; né prevede la possibilità, come richiesto dagli operatori di queste strutture, di procurarsi dei DPI magari con credito d’imposta per le società che le gestiscono, in modo da poterne affrontare il costo, notevolmente lievitato malgrado siano accessori essenziali per difendersi e difendere dal contagio.

Resta ancora da capire come si tratteranno i soggetti sintomatici, quali siano i protocolli applicati, come sono stati distanziati dagli altri ospiti, la situazione dei tamponi, quali sono i provvedimenti presi per la messa in sicurezza dei pazienti e del personale che opera all’interno delle RSA della provincia di Pescara: insomma la fotografia della situazione e dei passi successivi su queste strutture non c’è. Come non v’è certezza neppure del fatto che si stia vigilando sul rispetto di quanto disposto tramite ordinanza regionale.

La ASL competente alla verifica, sulla base dell’ordinanza n. 32sta effettuando i controlli? E, inoltre, quanti casi abbiamo in Abruzzo riconducibili a questa tipologia? Infine, tutta la struttura residenziale interessata da casi, ordina sempre la Regione, qualora non fossero separabili aree e percorsi COVID-19 e non-COVID-19, dovrebbe essere sottoposta a quarantena, con attivazione di idonea sorveglianza sanitaria in stretta collaborazione con l’Azienda ASL territorialmente competente. È stato fatto tutto ciò e quante sono le Rsa abruzzesi poste in quarantena?
Sono, questi, interrogativi non retorici, ma seri e che meritano risposte e azioni urgenti, perché è impensabile che gli sforzi fatti da tutta la comunità abruzzese vengano resi vani dalla cattiva gestione dei focolai più pericolosi. Focolai in grado di pregiudicare lo sperato declino del virus, quello che ci consentirà di riprendere a vivere, lavorare, crescere”.