Pur trovando positive le misure nella manovra 2020 per stimolare il digitale, innovare non vuol dire soltanto digitalizzare. A margine delle novità introdotte dalla legge di bilancio per le imprese che innovano, emergono una serie di spunti critici. Innovare non è comprare un nuovo software di gestione clienti, introdurre nuovi applicativi, automatizzare il reparto produttivo con Industria 4.0, innovare è una forma mentale, che deve partire dall’imprenditore o dal consiglio di amministrazione o da chiunque sia a capo di una comunità e distribuirsi a cascata su tutti i livelli gerarchici. Spesso le aziende non riescono ad innovare perché non sanno valutare i trend, vedere le opportunità e determinati cambiamenti di scenari. Invece innovare significa proprio saper cogliere l’opportunità di collaborare con altre aziende, con i fornitori, condividere risorse, essere open, valutare in tempi stretti.

Nella manovra c’è tanto digitale e questo è indubbiamente positivo, ma non basta. In Italia ci sono moltissime PMI, che devono soprattutto saper interpretare il cambiamento, individuando i settori di sviluppo e agganciando i trend, e cogliere la disintermediazione con le filiere positivamente, affinché esse possano trasformarsi in ecosistemi.

Un’ evoluzione rispetto al tradizionale concetto dei distretti, che devono diventare sempre più glocal. Il distretto deve essere locale, ma capace di giocare a livello globale. Deve evolvere in ecosistema, quindi collaborare, non necessariamente con l’azienda accanto, ma con un ecosistema molto più ampio. L’ecosistema ha il vantaggio di riadattarsi e trovare alternative, anche togliendo un anello della catena. Se viene disintermediato un fornitore, l’ecosistema si rigenera, trova nuovi metodi, nuove tecnologie. Detto in parole semplici, bisogna fare sistema cercando anche di interpretare correttamente i nuovi paradigmi. Ad esempio, open innovation contrariamente a quello che molti credono non è solo lavorare con le startup. Significa collaborare con gli altri, trovare soluzioni al di fuori della propria azienda. Ci può essere la soluzione più adatta alle proprie esigenze in una startup, ma non è l’unica strada e all’occorrenza bisogna anche saper collaborare con il proprio competitor. Come si fa? Ogni azienda cerca di differenziarsi: vista in questa ottica non ci sono veri competitor. Bisogna imparare a fare più sistema, anche fra concorrenti, ad esempio sviluppando prodotti e servizi insieme: io ci metto la manifattura, tu i servizi, lui il cloud. E si fa tutto lavorando in maniera più organizzata.

Il panorama italiano vede, comunque, molte imprese che riescono a superare le difficoltà e che capiscono la necessità e l’urgenza di innovare, di venir fuori da modelli convenzionali, confrontandosi anche con i clienti esteri. Ed in questo le imprenditrici donne spesso rivelano una vision di respiro più ampio rispetto ai colleghi uomini: riescono a guardare le cose da punti di vista diversi, leggono molto, si abbonano alle riviste internazionali, fanno corsi di formazione all’estero. In generale, la formazione è un tema centrale quando si parla di innovazione. Anche in ottica Industria 4.0 dove il lavoro culturale deve proseguire.

Sono tutti temi interconnessi: innovazione, Impresa 4.0, open innovation, economia dei partner. E sono sfide importanti per le PMI e lo sviluppo del made in Italy, che esprime un’eccellenza nel mondo basata anche sul saper innovare. Bene quindi il manifesto dell’innovazione del ministro Paola Pisano, finalmente un ministro per l’Innovazione.

In questo senso la cultura dell’innovazione ha ampi margini di approfondimento anche in altri campi, nella fattispecie e soprattutto in quello politico.

Mi auguro dunque che le buone pratiche nel campo della tecnologia si diffondano anche nella politica: abbiamo molto bisogno di innovazione, di cultura dell’innovazione, di un modo nuovo di affrontare i problemi, le soluzioni e le scelte nella politica, per favorire uno sviluppo tecnologico orientato in una direzione che sia compatibile e strumentale a un mondo sostenibile.

 

Francesco Mancini (coordinatore Attività produttive e all’Innovazione PD Abruzzo)