Riconoscere l’area di crisi complessa per usufruire di fondi e strumenti già disponibili per tutelare l’occupazione nell’ambito della crisi Brioni e scongiurare ulteriori esuberi e il paventato rischio della delocalizzazione. Il senatore Michele Fina, segretario del Partito Democratico abruzzese, ha elencato nei dettagli le proposte replicando alla risposta a una sua interrogazione al ministro delle Imprese e del Made in Italy, che era stata esposta dalla sottosegretaria Fausta Bergamotto.

Fina in Aula al Senato ha detto che “esistono le soluzioni tecniche e giuridiche, esistono fondi e strumenti finanziari e fiscali. Quello che è necessario è fare fronte comune tra tutti gli attori coinvolti per affrontare in modo sinergico e integrato una crisi che è simile a tante altre e che potrebbe essere utilizzata come modello di intervento anche in altri contesti”.

Al Ministero e alla Regione Abruzzo spetta il compito di condurre a buon esito l’attivazione dell’area di crisi complessa, e attraverso un tavolo di concertazione fare la leva sugli strumenti attivabili grazie al riconoscimento di questo status, per rilanciare l’azienda Brioni e l’intero comparto, ovvero: l’avvio di un contratto di sviluppo per il rinnovo degli impianti e il rilancio della produzione; il riconoscimento degli sgravi fiscali previsti dalla nuova carta degli aiuti a finalità regionale, considerando che La Brioni rientra in Area 107.3 C ad intensità massima di aiuto; l’avvio di  strumenti per la formazione e riqualificazione dei lavoratori grazie ai fondi previsti dal Programma GOL e dal fondo nuove competenze; la collaborazione per realizzare una comunità energetica, tra l’azienda e il Comune di Penne per l’autoproduzione e l’abbattimento dei costi energetici, accedendo al bando PNRR e incentivi sull’autoconsumo; vincolare l’azienda alla presentazione di un nuovo piano industriale che, attingendo agli strumenti citati, sia proiettato al rilancio della produzione e dell’occupazione ed escluda in modo netto qualsiasi ipotesi di licenziamento e di delocalizzazione degli impianti all’estero.