Raccolgo l’appello del segretario della CGIL dell’Aquila e mi auguro che la sua riflessione diventi patrimonio del dibattito pubblico e della concreta azione istituzionale.

La precarietà occupazionale assilla da tempo il mondo del lavoro e non riguarda più solo settori ad alta “stagionalità” che applicano i contratti a termine solo nei periodi di maggiore intensità lavorativa. Ormai la logica ha pervaso ogni ambito produttivo e occupazionale.

L’Istat a fine 2021 ha descritto i contratti a termine: uno su tre non supera il mese; due su tre non superano i 6 mesi; meno di 1 su 100 supera l’anno di durata. Un enorme aumento dei contratti di brevissima durata con situazioni assurde: nel settore dell’informazione e comunicazione (comprese le attività editoriali, cinematografiche e televisive) le assunzioni di un solo giorno rappresentano il 63,5% del totale; quelle da due a sette giorni sono il 20%.  Insomma, alla ripresa economica anche vivace, dopo la brusca frenata della pandemia, corrisponde una crescita del lavoro precario. Come ha ricordato ieri Bersani, prima del Covid e del PNRR “l’Europa ci fotografava al 13% di precarietà. Oggi in Italia si viaggia al 70%.”

E poi la pandemia ha colpito i salari, in Italia più che nel resto d’Europa: la Fondazione Di Vittorio denuncia che – tra il 2019 e il 2020 –  la massa salariale nell’Eurozona è calata del -2,4% e in Italia del -7,2%.

Quando la pandemia ha fatto esplodere la fragilità del mondo, mettendo a rischio la salute di miliardi di persone, l’economia planetaria, l’equilibrio ambientale, la possibilità di lavorare, studiare, muoversi, viaggiare, divertirci e il lockdown ci ha sfidato a ripensare il nostro modello di vita e di sviluppo, tutti dicemmo che ne saremmo dovuti uscire migliori.

E invece, a partire dalla prima emergenza, cioè dal diritto alla salute, vediamo che gli immensi investimenti fatti non hanno corretto la rotta: e nella sanità continuano – anzi aumentano – gli squilibri e le fragilità.

La CGIL dell’Aquila ricorda con tanti esempi la continua esternalizzazione di attività e servizi che costringono lavoratrici e lavoratori in condizioni di fragilità e precarietà.  Parliamo di uomini e donne che forse più di tanti altri sono stati in prima linea, hanno accettato turni massacranti, hanno rischiato la vita per garantire la nostra salute. A loro dobbiamo una svolta: stabilizzare il lavoro per restituire dignità e certezza a chi lavora, qualità ed efficienza ai servizi offerti, rispetto e risposte tempestive ai bisogni dei cittadini.

Sulla scia della legge regionale che proposi per applicare la “clausola sociale” in occasione dei cambi di appalto tra diverse società, lavorerò con tutti i colleghi disponibili affinché i servizi essenziali siano reinternalizzati e i lavoratori tornino all’interno del circuito lavorativo delle ASL o della Regione anche attraverso società in house come già sperimentato positivamente in altre parti d’Italia.

Il consigliere regionale 
Pierpaolo Pietrucci