L’Abruzzo Prossimo, quello coniato dalla giunta Marsilio per definire la programmazione strategica regionale 2021-2030, dimentica le aree interne e in particolare il territorio aquilano.
Il piano rilanciato ieri in conferenza stampa dal Governatore altro non è che un recepimento passivo di scelte infrastrutturali fatte probabilmente altrove (ANAS, RFI ad esempio) e funzionali per la stragrande maggioranza all’attuazione della ZES attraverso la declinazione delle linee di finanziamento europee e nazionali su porti, interporti, ferrovie e aree industriali. La conca aquilana, che sconta su tutti questi aspetti un deficit significativo con il resto della Regione, da un piano di investimento così concepito ne resta mortalmente fuori, neanche considerata rispetto all’esigenza di collegamento a quei telai infrastrutturali da cui è esclusa. Cristallizzata ormai la decisione della Regione di investire sul tracciato ferroviario esistente di collegamento tra Pescara e Roma, il tentativo del Presidente di ributtare la palla al Governo centrale rispetto alle rivendicazioni dell’Aquila suona come un’irricevibile ed offensivo “in bocca al lupo”.
Sarebbe invero ingiusto puntare tutto contro la volontà progettuale di Marsilio, perché le basi degli interventi presentati vengono da lontano, non sono nuovi e raccontano il fallimento di una politica regionale nel suo complesso, incapace di unire l’Abruzzo in una visione d’insieme, ma anche di una politica aquilana brava storicamente più a recriminare che ad affermare una centralità del ruolo del nostro territorio nelle dinamiche di sviluppo regionali. Hai voglia a parlare di borghi, di strategie delle aree interne, a ritirare fuori studi post sisma sul rilancio socio-economico, la realtà è che L’Aquila resta quella immaginata e realizzata decenni fa da una classe dirigente e politica di altro spessore, una città che ancora oggi vive di Università e cosa pubblica, con collegamenti anni 70 con la capitale e la costa.
Ci vorrebbe un’inversione di base della programmazione, basata sulla stessa logica delle politiche per il sud o del PNRR che destina almeno il 40% dei fondi a disposizione per le aree del mezzogiorno nel tentativo di recuperare il divario con il nord del Paese. Ci vorrebbe una politica capace di valorizzare attraverso strumenti perequativi i servizi ecosistemici (acqua, riduzione di anidride carbonica e tanto altro) che forniamo sia alla costa che a Roma senza ricevere nulla in cambio. Ci vorrebbe una politica che, sfortunatamente per L’Aquila, non riesce ad affermarsi neanche quando, come oggi, può contare su una folta rappresentanza in consiglio regionale.
Aspettative che rischiano di infrangersi definitivamente contro la decisione dell’attuale giunta di cancellare L’Aquila dalla cartina geografica delle strategie regionali, circostanza che impone però alcune domande: Insieme a chi Marsilio ha fatto queste scelte? A quali equilibri politici rispondono? Il sindaco dell’Aquila e la sua maggioranza avallano la marginalità della nostra città sancita da questa programmazione? Domande a cui credo vadano date risposte all’interno di un consiglio comunale da convocare al più presto alla presenza dei livelli di governo regionale e di tutte le forze sociali aquilane.