“Ci troviamo di fronte ad una torsione del discorso pubblico intorno al corpo delle donne che temiamo possa avvitarsi pericolosamente su sé stesso. Dopo l’Umbria e le Marche quindi anche l’Abruzzo a guida centrodestra prova a schierarsi contro il nuovo protocollo del Ministero della Salute sull’aborto farmacologico che ha autorizzato la somministrazione della pillola Ru486 pure nei consultori”: è quanto si legge nel documento approvato dalla Conferenza delle Democratiche abruzzesi a seguito della raccomandazione trasmessa dalla Regione alle Asl sull’uso della Ru486.

Le Democratiche abruzzesi scrivono che “con la scusa del ‘benessere della donna’ quello che temiamo è il tentativo di forzare la mano, per motivi ideologici e politici, su questioni di etica pubblica, attraverso forme più o meno evidenti di criminalizzazione (ed evidentemente di ‘contenimento sanitario’) dell’aborto come atto di libertà sul proprio corpo e sulla propria biografia, in un panorama in cui sembrano riemergere alcune forme di nostalgia per un passato governato da certezze patriarcali e sovraniste, che incidono ancora una volta sui corpi delle donne. L’assessora Verì si preoccupi dello stato in cui versano i consultori, presidi di cura, civiltà, cittadinanza attiva, prevenzione, informazione e condivisione che, se magari meglio sostenuti nelle proprie attività, potrebbero portare avanti temi come l’educazione alla sessualità e all’affettività fra le giovani generazioni, l’incentivo all’uso corretto dei metodi di contraccezione e di tutela dalle malattie sessualmente trasmissibili, l’ascolto attivo e partecipato di malesseri emotivi ed esistenziali che oggi più che mai risentono negativamente dell’assenza di luoghi di accoglienza, aperti e inclusivi in cui sentirsi accompagnati nelle varie fasi della vita”.

“Proviamo in ultimo a ricordare – scrivono anche le Democratiche abruzzesi – come l’interruzione volontaria di gravidanza (quindi anche quella farmacologica) sia inclusa nei Lea, i livelli essenziali assistenziali, che devono essere garantiti a tutti i cittadini e a tutte le cittadine in tutto il Paese, nelle forme in cui le leggi (e quindi anche le nuove Linee Guida istituite dal Ministero della salute) lo consentono. Ribadiamo con forza che da anni le associazioni per la salute della donna e le società scientifiche chiedono un rilancio della legge 194, chiedendo il rafforzamento della rete dei consultori, da anni sotto finanziati e a corto di personale, ma anche una maggiore centralità sui temi della legge a partire dall’informazione sulla contraccezione, inclusa quella d’emergenza, per migliorare l’informazione, soprattutto per le giovanissime e le cittadine straniere.  Proviamo a parlare di questo, non di confinare il corpo delle donne ad un controllo e confinamento non solo fisico, ma anche esistenziale”.